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giovedì 19 febbraio 2015

Giornata della memoria 27 gennaio 1945 - 27 gennaio 2015

Il giorno 28 gennaio ci siamo recati in visita alla mostra fotografica “In particolare…Auschwitz”, organizzata da Marco Lani, un giovane che, l’anno scorso, è andato ad Auschwitz e ha fatto delle foto.
Dalle foto si possono comprendere tante cose, però, dalle sue parole, si capiva che guardandole non avremmo mai la stessa cosa che ha provato Lui andando là, ad Auschwitz, nel vero e proprio campo di concentramento.
Per prima cosa abbiamo visto foto di stanze piene di capelli, scarpe, occhiali… che a prima vista fanno pensare a cose inimmaginabili: tonnellate di capelli di persone innocenti, che poi non erano tutti lì perché molti sono stati venduti. I numeri sono quelli che fanno veramente paura … quando qualcuno ci dice “Giornata della Memoria” ci vengono in mente subito gli ebrei deportati nei campi, ma non pensiamo al numero delle persone: sono circa 6 milioni, un numero che non si può nemmeno immaginare ma che fa la differenza.
Auschwitz è il campo che conosciamo di più, che ci viene più raccontato, ma Birkenau è il vero campo di stermino: era detto Auschwitz 2, ma era grande più del doppio di Auschwitz. Birkenau poteva contenere oltre 100000 persone ed aveva 4 forni crematori. In ogni campo c’era il “Blocco 11”, il cosiddetto “blocco della morte”, perché tutti gli ebrei sapevano che andando lì sarebbero morti.
Una foto che mi è molto piaciuta è quella che si trova all’entrata:” Arbeit macht frei” tradotta “Il lavoro rende liberi”; ovviamente la scritta è in senso ironico perché i nazisti , nei campi, facevano lavorare i detenuti duramente…

Questa scritta simboleggia tutto ciò che noi chiamiamo “Razzismo” e secondo me può essere un simbolo per significare che noi non scorderemo mai tutti gli ebrei sterminati e tutto quello che è accaduto, perché fa parte della nostra storia.
Foto di Marco Lani e post di Lucia classe 3 A

domenica 8 febbraio 2015

Su Facebook a 12 anni e appuntamenti al buio via WhatsApp

Il rapporto tra minori e il web

Iper-connessi o digitalmente esclusi. Eccole qua le due facce dei giovani “nativi digitali”, Una fotografia netta della modernità che secondo Save the Children restituisce due immagini speculari ma opposte. Una ricerca Ipsos indaga i comportamenti dei minori sul web. Così si scopre che il 39% di loro è iscritto a Facebook già a 12 anni. Una percentuale addirittura più alta rispetto ai diciottenni (39%). Solo la metà di loro conosce le regole sulla privacy. Ma per i ragazzi e le ragazze italiane questo non rappresenta un problema.
Il principale strumento di connessione-facile da prevedere- è lo smartphone. Il 35% dei minori si danno appuntamento con persone conosciute solo sul web, mentre il 33% utilizza gruppi di WhatsApp e applicazioni simili di messaggistica. Dall’altra parte, secondo Istat, ci sono 452 mila adolescenti (11,5%) che non hanno mai avuto accesso a internet.   La prima causa di questa esclusione digitale dipende dal livello di povertà delle famiglie. Un dato ancora più preoccupante riguarda quei giovani che oltre a non essersi mai connessi non hanno mai letto un libro nell’ultimo anno (269mila) mentre 187 mila non sono mai andati al cinema.
“I nuovi media rappresentano una grande opportunità per i nostri ragazzi, per laloro crescita personale e formativa. L’accesso a queste tecnologie è un diritto che dovrebbe essere garantito a tutti i ragazzi, così come un’adeguata formazione nell’utilizzo di questi strumenti e la sicurezza di potersi muovere in un ambiente digitale che non nasconda rischi o pericoli” spiega Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia, associazione che monitorando il rapporto tra minori e nuove tecnologie ha voluto rendere noti i dati in vista del “Safer Internet Day 2015” in programma in tutto il mondo martedì 10 febbraio. Si tratta della dodicesima giornata internazionale , che quest’anno ha come tema la creazione congiunta di un internet migliore:”Let’s create a better internet together”.


Post tratto dall’articolo di Alessandro Barba pubblicato sul Corriere della Sera del 8 febbraio 2015.

A piedi

“Gli uomini camminano sempre meno, sono diventati sgraziati, si muovono curvi sui loro telefonini, hanno il collo storto per l’abuso del computer, le spalle rovinate dall’utilizzo del mouse, lo stomaco contratto dallo stress e la testa piena di segnali e rumori di fondo.
Un indonesiano, o un etiope, cammina in modo più nobile e felpato di noi, e quando porta un bagaglio in equilibrio sul capo mostra un’andatura eretta e sinuosa che noi abbiamo perduto da un secolo.(…) L’uomo che non cammina perde la fantasia, non sogna più e non legge più, diventa piatto e sottomesso, e questo è esattamente ciò che il Potere vuole da lui, per governarlo senza fatica, derubarlo di ciò che Dio gli ha dato gratuitamente, e bombardarlo di cose perfettamente inutili a pagamento. Chi cammina, invece, capisce, parla con gli altri uomini, li aiuta a reagire e a indignarsi contro questa indecorosa rapina che ci sta impoverendo tutti quanti.
Il semplice fatto di mettere un piede davanti all’altro con eleganza, di questi tempi, è un atto rivoluzionario, una dichiarazione di guerra contro la civiltà maledetta dello spreco”.


Palo Rumiz, A piedi, Feltrinelli Kids, 2012.