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martedì 18 giugno 2013

Lacerate,sporche o scolorite ecco le bandiere d'Italia


Tanti tricolori rovinati penzolano nelle nostre città

“Chi rispetta la bandiera da piccolo, la saprà difendere da grande”. E’ una tipica frase da libro Cuore. Infatti fu messa in bocca da Edmondo De Amicis a un vecchio ufficiale in pensione cha aveva fatto la guerra di Crimea e che parlava con quella fierezza anacronistica, decisamente patriottico -militaresca, a un gruppo di giovani.
Si potrebbe postillare banalmente che se la bandiera non la rispettano i grandi, tantomeno sapranno rispettarla i piccoli. Se poi il tricolore viene maltrattato nelle scuole e nei luoghi istituzionali della maggiori città, dove spesso penzola sfibrato e stracciato senza avere neanche più la forza di sventolare, viene fuori fatalmente il quadro di un Paese che ha perso l’amor proprio e il senso orgoglioso di un’appartenenza, pur non essendo da tempo -grazie al cielo- militarescamente patriottico come desiderava l’ufficiale deamicisiano. Perché questo, semplicemente, dovrebbe essere una bandiera: il simbolo dell’orgoglio nazionale, in cui si riassume il vivere collettivo( e non solo quando gioca la Nazionale ma anche nella vita ordinaria).
Non c’è nessuno straccio di Paese (povero,distrutto,affamato) che abbia perso a tal punto il senso della collettività da non credere più nel proprio simbolo.
Non c’è immagine più tristemente significativa del tricolore che si affloscia pallido ed esausto dalla facciata di un palazzo pubblico: scuola,tribunale,teatro,caserma…
Dal Sud al Nord, senza distinzione, la bandiera è abbandonata al suo destino dall’incuria, dalla strafottenza, dall’indifferenza, le stesse che lasciano andare a rotoli i monumenti e il patrimonio culturale in cui dovrebbe riconoscersi una comunità che abbia memoria e consapevolezza di sé e dalla propria storia. Come se il loro malinconico destino non fosse il nostro stesso destino. Non simbolico ma molto reale.



Dall’articolo ( parte iniziale e finale) di Paolo Di Stefano pubblicato dal Corriere della Sera del 17 giugno 2013.

domenica 9 giugno 2013

Educazione alla legalità

I documenti normativi, le linee guida e le circolari del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e Ricerca,riguardo all’educazione alla legalità, indicano quale miglior metodo l’esperienza sul campo cioè la pratica e l’esempio in ogni momento della vita scolastica ed extrascolastica di quelli che sono i principi dell’educazione alla legalità, primo fra tutti il rispetto delle norme.
L’esempio quotidiano dei docenti nell’esercizio dei diritti e dei doveri ed il reciproco confronto con gli studenti, affinché anch’essi abbiano la possibilità di esercitare i loro diritti e doveri, realizza l’educazione alla legalità.
Inoltre, l’educazione alla legalità coinvolge oltreché i docenti anche i genitori (patto di corresponsabilità) e le istituzioni esterne, si dimostra trasversale alle discipline scolastiche, agli ambiti di vita degli studenti e delle persone in generale.
Nel tempo l’educazione alla legalità a scuola ha visto ampliarsi il suo campo d’azione applicando i suoi principi nell’esplicazione dei diritti e dei doveri dei cittadini ad altri ambiti quali ad esempio l’ambiente, la salute e non ultimo l’economia.
Quest’ultimo è un ambito dove l’educazione alla legalità ha ragione di individuare e favorire il rispetto dei diritti e dei doveri dei cittadini-risparmiatori e dove la scuola deve intervenire nel suo ruolo educativo. La crisi economica in corso ha contribuito a distruggere il valore della solidarietà contributiva previsto anche dalla Costituzione nell’art. 53:”Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.



Parte finale dell’intervento”Educare alla legalità nei diritti e nei doveri di alunni e docenti” di Roberta Cadenazzi pubblicato sulla rivista “Scuola e Didattica” n°10 del giugno 2013 Editrice La Scuola Brescia.