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martedì 31 gennaio 2012

"Olivieri ci mancherai"

“Olivieri ci mancherai”. Ricordo che ogni giorno, entrando a scuola, leggevo questa frase che qualcuno aveva scritto a sinistra della scalinata d’ingresso. Non so se esiste ancora, ma non c’era giorno in cui , guardandola, non mi chiedessi il perché di quella scritta e pensavo:”Matto. Chiunque l’abbia scritto deve essere completamente pazzo”.Decine di zaini pesantissimi, cartelline di arte e tecnica, zainetti con i vestiti per ginnastica, a volte chitarre. Per non parlare della fila per prendere la merenda!Infinita. C’era la signora che vendeva le pizzette che si “piazzava” proprio all’ingresso, sotto lo sportello del bagagliaio di un’auto grigia, per ripararsi dalla pioggia. Si comprava la merenda e il resto si spendeva in caramelle o gomme da masticare al cocomero. E anche se eri arrivato in orario, entravi quando la campanella era già suonata, sempre.
“Sei in ritardo!-Sì prof. Scusi, la fila per prendere la merenda…”. Ogni mattina. Andare a scuola era, più o meno, la fine del mondo: compiti per casa, verifiche, note come se piovesse…un trauma. In realtà, nessuno l’ha mai voluto ammettere, ma ci si divertiva. Anche quando dovevi staccare il banco da quello del tuo vicino per punizione, anche quando la prof. ti interrogava ogni giorno e sembrava che “ce l’avesse con te”, anche quando prendevi un’insufficienza o una nota.
Poi ti svegli e, “di colpo”, sono passati tre anni. Terza media, l’esame, l’ansia insuperabile. Credo che,dopo tutto, il periodo degli esami sia stato uno dei più belli. La mattina dell’orale tremavo di paura, non riuscivo a realizzare che ero già lì. Già in terza, il mio primo esame….e adesso, cosa faccio? 35 minuti non sono mai trascorsi così velocemente; poi esci ed è la libertà assoluta!
Quello è stato l’ultimo giorno da alunna dell’Olivieri. Dopo 4 anni rientrare nella “vecchia” scuola fa un certo effetto, sembra tutto estremamente piccolo, ma si continua a respirare quell’aria familiare e ancora oggi è “la mia scuola”.
Ah, dimenticavo:alla fine l’ho capito il perché di quella scritta sul muro!

Post di Camilla L. ex-alunna dell’Istituto “A.Olivieri”

martedì 24 gennaio 2012

La pubblicità

Stiamo guardando la televisione, il nostro programma finisce e comincia la pubblicità. Noi non ci facciamo neanche caso perché non vediamo l'ora che ricominci il programma, ma in realtà anche se non ci accorgiamo la pubblicità “manipola la nostra mente” e ci cuoce “a fuoco lento” perché alla fine il risultato sarà migliore.
Anche io ero come la maggior parte di voi quando in seconda media studiai con la prof. Tamburini quel capitolo del libro di laboratorio che parlava della pubblicità, ma ragionandoci ho capito che questo mezzo con la quale le imprese inducono noi a comprare i loro prodotti, è stato una grandissima idea. Infatti è dall'ottocento che le persone di questo mondo sono state “ipnotizzate” da questo sistema. La gente di una volta però, era semplice e non avrebbe mai pensato che la pubblicità avesse raggiunto questi livelli. Non solo infatti la osserviamo ogni giorno alla televisione, ma addirittura chi fa uno sport se ne sarà accorto di quella cosa che noi chiamiamo “sponsor”. Si, proprio questa tecnica è ormai la più famosa e le società professionistiche ne sono la prova. Le cosiddette agenzie pubblicitarie infatti investono molti soldi nella pubblicità sia come sponsor sia via cavo perché nonostante tutto la televisione è sempre l'oggetto elettronico più usato nelle nostre case. Voi immagino che vi chiederete però, se si può fare qualcosa contro questa “tortura”. La verità è che quando si tratta di piccole aziende è facile, ma invece quando sono multinazionali, il loro potere è troppo forte in confronto al nostro. Spero di essere stato chiaro, ma dubito che dopo questa spiegazione cambierà qualcosa!

Post di Filippo della classe 3 A.

giovedì 19 gennaio 2012

I bambini lavoratori nel mondo

Quest’ anno a scuola abbiamo parlato dei Diritti che ciascuna persona dovrebbe avere.
In classe, abbiamo letto alcuni racconti riguardanti questo argomento  e poi li abbiamo commentati  insieme.
Uno dei brani che mi ha colpito di più è stato quello che parlava dello sfruttamento minorile.
In questo testo si raccontava la storia di alcuni bambini africani di otto anni che lavoravano in una fabbrica di tappeti ed erano obbligati a stare lì dentro 20 ore al giorno.
A me soprattutto ha colpito la giovane età dei lavoratori;è una realtà diversa rispetto alla nostra, in cui è impensabile che dei bambini lavorino.
Purtroppo questo succede anche in altri paesi come le zone più povera dell’Asia e dell’America Latina.
A questo proposito ho visto dei documentari che raccontavano la triste realtà di ragazzi costretti a lavorare in miniere in condizioni igieniche e di sicurezza molto precarie,infatti non indossavano elmetti protettivi,stavano tante ore senza mangiare nè bere e venivano pagati pochissimo per tante ore di servizio.
Un altro triste esempio di sfruttamento sono gli zingari che mandano i propri figli a chiedere l’elemosina per le strade esponendoli spesso a grandi rischi.
Essendo un problema molto diffuso,fortunatamente,sono nate delle organizzazioni umanitarie come Unicef e Oil che si impegnano a raccogliere fondi per aiutare queste persone,organizzando manifestazioni.
Questo problema mi sta talmente tanto a cuore che nel mio piccolo ho cercato di fare qualcosa anche io insieme ai miei genitori: abbiamo adottato a distanza una bambina del Kenya.
È un piccolo gesto che se fatto da tante persone potrebbe salvare la vita a migliaia di bambini.


Post di Alessandra della classe 3 A

martedì 17 gennaio 2012

Acquarraffa 2

Nella nostra classe è venuta un’operatrice della COOP-Adriatica di nome Barbara per parlarci del ciclo che compie l’acqua e dell’uso corretto che dovremmo farne.
Ci ha ricordato che tutti gli elementi dell’idrosfera, cioè il mare, le acque interne superficiali (fiumi, laghi,ruscelli),le acque sotterranee, le acque allo stato solido (neve e ghiaccio) e gassoso (vapore atmosferico), sono connesse tra loro in un movimento chiamato CICLO DELL’ACQUA.
Barbara ci ha spiegato l’enorme consumo e spreco di acqua potabile di noi italiani che apparteniamo ai paesi ricchi del pianeta.
Q questo proposito abbiamo fatto un gioco divisi in quattro squadre:ogni squadra doveva riempire una caraffa da un litro con l’acqua raccolta da una bacinella.
L’acqua della bacinella veniva presa assorbendola con uno straccio, poi strizzata in un bicchierino e passata in vari bicchierini fino a raggiungere la caraffa.
All’improvviso Barbara non ha più versato acqua nella bacinella e ci siamo ritrovati che nessuna squadra aveva riempito la caraffa, tanta acqua per terra, e la bacinella vuota!
Insieme a Barbara abbiamo capito che invece di ragionare insieme per raggiungere lo scopo, abbiamo pensato solo a vincere, così frettolosamente abbiamo sprecato tanta acqua.
Lo stesso errore lo commettiamo ogni volta che sprechiamo acqua senza riflettere: lasciando aperto il rubinetto mentre ci laviamo i denti, o facciamo la doccia, quando non lo chiudiamo bene, eccetera.
Ma se all’improvviso non ci fosse più acqua come è successo con la bacinella?






Commento di Alessia della classe 1° all’attività “Acquarraffa” di Coop-Adriatica.

Acquarraffa

L’acqua potabile è un bene fondamentale per la vita;è anche un bene scarso e assente in molte zone del mondo. Imparare a rispettare e risparmiare l’acqua è un gesto di civiltà e di convenienza economica (l’acqua è un bene che costa caro).Tutti potrebbero ridurre gli sprechi d’acqua comportandosi, quotidianamente, in modo saggio.
Ogni italiano consuma circa 300 litri di acqua al giorno; nei paesi in via di sviluppo è di 20 litri al giorno. Questo ci dovrebbe far riflettere!
Per lavare l’auto si sprecano 800 litri; per fare il bagno in vasca si consumano da 120 a 160 litri; per lavare le mani 1,4 litri; per lavare i denti,lasciando il rubinetto aperto,30 litri;per un carico di lavatrice da 80 a 120 litri e quando usiamo lo sciacquone 16 litri.
L’acqua è rinnovabile ma non esauribile.


Commento di Vladimir della classe 1 A all’attività “Acquarraffa” di Coop-Adriatica.

martedì 10 gennaio 2012

QUEI VIDEO TROPPO ESPLICITI...MA CENSURARE NON SERVE

La decisione del premier inglese David Cameron di convocare rappresentanti di case discografiche e gestori di siti Internet per controllare l’influenza che i video delle star più sexy, come Lady Gaga o Rihanna, possono esercitare sulle ragazzine, coglie un problema reale. Benché si ponga in modo particolarmente acuto in Inghilterra dove l’abbandono familiare, la disaffezione scolastica e le maternità precoci hanno raggiunto percentuali straordinarie, esso riguarda seppure con minore intensità anche il nostro Paese.
L’adolescenza, è ormai risaputo, non è più quella di una volta. I modelli familiari appaiono deboli e spesso ininfluenti di fronte alla suggestione di quelli massmediatici. La pubertà, sempre più anticipata, provoca un divario tra la maturità del corpo e della psiche, difficile da gestire. La costruzione della propria identità si pone con un’urgenza che il pensiero, ancora infantile, non riesce a padroneggiare. In mancanza di dialogo con gli adulti di riferimento, la suggestione di immagini ad alto indice di erotismo induce allora le adolescenti ad assumere atteggiamenti di imitazione mimetica, confermati da un diffuso e accessibile mercato di cosmetici, abiti ed accessori.
Apparire come le divinità dello spettacolo le illude di evitare i compiti evolutivi propri dell’età: non è necessario definire chi si è e che cosa si desidera quando il sonno prevale sulla veglia e il mondo virtuale sostituisce quello reale. Poiché l’ideale è, per definizione, irraggiungibile, altrimenti non sarebbe tale, le conseguenze saranno inevitabili. Siamo tutti d’accordo che, anche in questo caso, prevenire sia molto meglio che correggere, ma che fare?
Indurre le case discografiche a controllare i loro messaggi non mi sembra una soluzione praticabile. La Rete è così aperta alla fruizione che sarebbe come mettere l’acqua in gabbia. Meglio sarebbe rendere la vita vera più coinvolgente di quella simulata, offrire all’età evolutiva mete possibili e desiderabili, luoghi d’incontro, opportunità di divenire protagonisti e non solo spettatori della propria storia.

Silvia Vegetti Finzi

Dal Corriere della Sera del 2 gennaio 2012.