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domenica 23 aprile 2017

Fare spesa a "pizzo zero"

Il 6 marzo dalle 9,30 alle 12,30 la classe 3 A si è recata all’Ipercoop per partecipare all’attività ”fare la spesa a pizzo zero”.
Un’esperta di nome Barbara ha accolto gli studenti all’interno della biblioteca “Bobbato” per palare della mafia e degli strumenti per combatterla.
La mafia è un’organizzazione criminale nata nella seconda metà dell’ottocento in Sicilia.
Si è sviluppata maggiormente nell’Italia meridionale dove alcune famiglie ne fanno parte da generazioni, guidate da un capo chiamato boss.
Si basa sull’omertà, cioè sul silenzio dei deboli e lavora in parallelo allo Stato garantendo un ordine apparente sulla base di ricatti, tangenti, delitti e traffico di droghe e armi.
La mafia si fa garante del cittadino in contrasto con le leggi dello Stato, offrendo protezione e garanzie, minacciando in caso di rifiuto.
Nel 1995 nasce l’associazione “Libera” e  contro le mafie fondata da don Luigi Ciotti.
Con la raccolta di firme dei cittadini “Libera” è riuscita a portare in Parlamento la proposta di sottrarre i beni che la mafia aveva accumulato con la malavita per usarli
e farne una risorsa per il territorio. Questa legge (n°109) fu emanata il 7 marzo 1996 e sancisce il riutilizzo sociale dei beni confiscati alle organizzazioni criminali, segnando così una svolta epocale al contrasto delle mafie.
Le scelte di acquisto definiscono da che parte stiamo: comprare i prodotti delle terre confiscate è un gesto di grande civiltà.
Alla spiegazione è seguita la lettura di alcune pagine dove si raccontava del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, mandato in Sicilia per combattere la mafia.
Anche noi giovani e semplici cittadini abbiamo un potere; parlare e reagire per una nuova civiltà.
E’ un cammino che comincia dai banchi di scuola, passa per la famiglia e va condiviso con gli amici.



Post di Sergio della classe 3A

domenica 2 aprile 2017

Perché i giovani vivono in un mondo dove è troppo facile cadere nella Rete


“Sono stati creati (social) senza filtri: i minori sono vittime e gli adulti se ne accorgono tardi”
L’emergenza bullismo e il suo aggiornamento, il cyberbullismo, sta bloccando il respiro e la vita di più generazioni, come una nebbia urticante che circoli senza ostacoli, da Rimini a Vancouver a Bangalore.
Gli atti di prepotenza fisica, verbale e psicologica nei confronti di ragazzini e ragazzine; e le gravi conseguenze psicologiche di cui soffrono le vittime, e che vanno dallo stress allo sviluppo di disturbi mentali, dall’autolesionismo al calo del rendimento scolastico, oltre a un nesso evidente con l’insorgere di depressioni gravi e pensieri di suicidio, hanno sfondato argini sociali, economici, geografici e di età (sono in aumento i casi tra bambini dei primi anni di elementari).
E non hanno più limiti di orari, poiché la Rete non dorme. Dopo aver occupato scuola, strade, campi sportivi e di gioco, filtrano attraverso computer, smartphone, videogiochi.
La logica però non cambia: uno squilibrio di potere fisico o psichico tra chi agisce e chi subisce. L’emergenza è affrontata con interventi mirati, campagne social, il coinvolgimento di scuole e genitori, leggi, e la diffusione di dati raccolti sul territorio.
I risultati tracciano anche una distanza che non è mai stata così grande tra figli e genitori: il 67% degli adulti non sa cosa sia il sexting ( mentre un adolescente su quattro ammette di averlo fatto, e già a 11 anni), e l’81% non conosce il fenomeno del sextorsion ( mentre il 41% dei figli teme di essere contattato da estranei e di ricevere richieste sessuali).




Rischi sottovalutati
Una delle ragioni della difficoltà da parte delle famiglie e insegnanti a esercitare il proprio ruolo educativo, è creata da quella tumultuosa corrente di cambiamento della quotidianità e che noi riassumiamo nella parola Rete, lì dove non si tiene in minimo conto dei rischi che corrono gli utenti più piccoli e fragili.
Il cyberbullismo, rispetto al bullismo fisico o verbale diretto, ha come aggravanti la pervasività, la persistenza, l’anonimato, l’assoluta assenza di contatto e quindi di empatia.
C’è un momento preciso in cui si dilata la distanza tra genitori e figli.
“La presenza dei genitori”, sostiene Ernesto Caffo ( fondatore di Telefono Azzurro),”si ferma quasi sempre con la fine della quinta elementare. Alle medie i ragazzi che hanno fragilità s’incontrano con un gruppo di insegnanti e coetanei non preparati alle conseguenze delle conquiste, tramite la Rete, di conoscenze caotiche, prive di coordinamento.
Da una parte c’è un uso malsano delle tecnologie e delle immagini, dall’altra una profonda incapacità di controllare le proprie emozioni.
I ragazzi sono inadeguati ad affrontare le sfide perché non hanno più alle spalle la sicurezza della famiglia e della comunità. I genitori sono vicini soltanto fisicamente: anche per questo, le vittime di bullismo chiedono spesso aiuto ai loro coetanei”.
E si tenga presente che già prima dei 13 anni, la vita dei figli è nei social media ( il 73% usa WhatsApp, il 44% Facebook e il 35% Instagram).
“ La Rete non nasce per loro ma, per sfruttarli”, prosegue Caffo.
Sull’importanza della soglia tra elementari e medie, insiste Rosalba Ceravolo, ricercatrice e psicologa dell’età evolutiva presso Sos il Telefono Azzurro.
“ In questo passaggio delicato cambiano i compiti evolutivi di insegnanti e adulti.  Quanto avveniva normalmente verso i 13, 14 anni, cioè lo spostamento dalle relazioni famigliari a quelle con i propri pari di età, oggi avviene già in prima media. Questa transizione riguarda ragazzi ancora molto piccoli, ma che, grazie alla Rete, dispongono di un bagaglio di esperienze diverse e ricche e che creano non poche difficoltà a genitori e insegnanti a mantenere il ruolo di educatori”.

Post estratto dall’articolo di Michele Neri pubblicato dalla rivista Sette del Corriere della Sera del 3 marzo 2017


lunedì 13 febbraio 2017

La faida oggi

La parola “faida”(in tedesco fehida o fehde) ha origini antichissime da ricercare nel diritto delle popolazioni germaniche che abitavano il Nord e l’Est Europa.
Si intendeva la possibilità, per un privato, di ottenere soddisfazione per la lesione di un proprio diritto ricorrendo all’uso della forza.
Il termine “faida” è oggi comunemente e tristemente conosciuto a causa dei fatti di cronaca legati agli scontri tra gruppi criminali organizzati: guerre tra cosche mafiose, camorriste o ‘ndranghetiste per il controllo delle attività criminali in un determinato territorio.



Le principali attività sono estorsione, spaccio di droga, sfruttamento della prostituzione e contrabbando. Fatti di sangue che spesso per anni riempiono le cronache dei giornali e che troppe volte coinvolgono vittime innocenti.
A partire dagli inizi degli anni ottanta sono state frequenti le faide tra clan della camorra come lo scontro tra la “Nuova camorra organizzata di Cutolo” e la “Nuova famiglia degli Alfieri-Bardellino-Nuvoletta”.


Post di Giulia della classe 1 A.

giovedì 9 febbraio 2017

"Un giovane su10 approva gli insulti online". La scuola contro i cyberbulli



“Be the change: unite for a better internet”: è lo slogan del Safer Internet Day 2017, la Giornata mondiale per la sicurezza in Rete istituita e promossa dalla Commissione Europea che, giunta alla sua XIV edizione, si  celebra quest’anno il 7 febbraio, in contemporanea in oltre 100 nazioni di tutto ilo mondo.
Obiettivo dell’evento: far riflettere le ragazze e i ragazzi non solo sull’uso consapevole della rete, ma anche sul ruolo attivo e responsabile di ciascuna e ciascuno nella realizzazione di internet come luogo positivo e sicuro.
In concomitanza con il Safer Internet Day, quest’anno, si terrà la prima Giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo a scuola dal titolo “Un nodo blu-le scuole unite contro il bullismo”. Le studentesse e gli studenti, gli istituti scolastici e i partner che aderiscono all’iniziativa condivideranno e rilanceranno attraverso i loro canali di comunicazione il “nodo blu”, simbolo della lotta nazionale delle scuole italiane contro il bullismo.
Indagine
In un’indagine sull’hate speech affidata da Generazioni Connesse a Scuola.ne e all’Università degli Studi di Firenze sui ragazzi tra i 14 e i 18 anni, emerge che il 40% degli intervistati dichiara di trascorrere on line più di 5 ore al giorno.
WhatsApp si conferma il gigante degli scambi social tra gli adolescenti (80,7%), seguito da Facebook (76,8%) e Instagram (62,1%).
Per quanto riguarda il controllo della veridicità delle notizie on line, il 14% degli intervistati dichiara di non controllare mai se una notizia sia vera o falsa, un comportamento- mette in evidenza la ricerca-che rende i ragazzi “facilmente preda di titoli sensazionalistici e bufale che possono fomentare reazioni poco ragionate e forse guidate da sentimenti di rabbia e di odio”.
Altro dato da evidenziare è l’11% di ragazze e ragazzi che dichiara di approvare insulti rivolti a personaggi famosi in virtù di una generica “libertà di esprimere ciò che pensa”. Tant’è vero che al 13% degli intervistati è capitato di insultare un personaggio famoso on line.
Frequenti pure i commenti pesanti rivolti ai coetanei, dove si conferma l’effetto di disibinizione dello “schermo”: gli studenti finiscono per lasciarsi andare, protetti dal filtro del telefonino, e si comportano in maniera molto più disinibita rispetto a quello che farebbero se fossero di fronte all’altra persona.

Valentina Santarpia

Dal Corriere della Sera del 4 febbraio 2017

sabato 15 ottobre 2016

Smartphone e l'ossessione notturna.I ragazzi si svegliano per controllarlo

Un adolescente su due controlla ossessivamente il cellulare anche di notte. E uno su 10 lo fa almeno 10 volte per notte: è quanto emerge dalla ricerca condotta su quasi tremila ragazzi tra gli 11 e 18 anni, da Digital Awareness UK, segnalata dalla Bbc.
TUTTI CONTROLLANO I SOCIAL Succede in Inghilterra secondo il campione di ragazzi intervistati ma il fenomeno è diffuso anche in Italia. Cosa fa dunque il 45 per cento degli intervistati che guarda il cellulare a letto? Quasi tutti (94%) lo fanno per controllare i social media, uno su dieci dichiara di sentirsi stressato per perdersi qualche notifica se non controlla prima di dormire. Tre su quattro usano il cellulare di notte per ascoltare musica, e il 57% per guardare film. Un terzo dei giovani intervistati racconta che i loro genitori non siano a conoscenza di questo loro uso notturno del cellulare.
L’ ALLARME DEI PRESIDI Tutto ciò ha un impatto sulla salute e il rendimento scolastico, dato che i ragazzi arrivano a scuola già stanchi e faticano a concentrarsi.
Il 68% dei ragazzi infatti dice che il controllo notturno dei cellulari influisce sul loro rendimento, un quarto si sente stanco durante il giorno. Serve quindi, raccomanda l’organizzazione, un”digital detox”, cioè una disintossicazione digitale, mettendo il cellulare via e lontano alla camera da letto già un’ora e mezzo prima che faccia buio.
Esistono inoltre delle app che mostrano quanto tempo si trascorre al cellulare, che consentono anche di restringerne l’uso.




Articolo tratto dal Corriere della Sera del 7 ottobre 2016 firmato Redazione Scuola.

mercoledì 5 ottobre 2016

Cari ragazzi, sfiorate il tablet ma mettetevi a studiare

Un gioco attraente, che si apre a mille combinazioni, suscita sorprese, stimola la curiosità e la ricerca, è ricco di elementi e svolgimenti, colmo di immagini che si possono catturare, conservare, inviare, ma permette anche di avviare gare e competizioni; è divertente, ottiene una partecipazione emotiva perché regala soddisfazioni, e insieme sviluppa capacità e abilità mentali e operative. Ebbene questo gioco è nelle mani di tantissimi, oserei dire di tutti i ragazzi e gli adolescenti di oggi.
Una volta che è a portata di mano, comodissimo, per avviare il gioco basta sfiorare la superficie vitrea che lo copre: si chiama smartphone o tablet.
Ecco: a questi ragazzi, così gratificati, provate a ricordare di mettersi a studiare!


Articolo di Cesare Viviani pubblicato sul settimanale “Sette” del Corriere della Sera del 2 ottobre 2016.

domenica 25 settembre 2016

Il bullo attacca perché ha paura di se stesso

Gli adolescenti aggressivi in realtà proiettano sulle vittime un conflitto interiore con parti della propria personalità. Il web amplifica questa dinamica. La soluzione? L’attenzione. E lavorare sulla socialità.

Il bullismo è sempre esistito ma la causa che lo ha ulteriormente diffuso e potenziato va attribuita a Internet. La possibilità di nascondersi dietro un’identità fittizia costituisce un formidabile incentivo a esprimere impunemente le pulsioni erotiche e aggressive, dove la comunicazione è virtuale ma le conseguenze sono reali.
Come ogni leader, anche se negativo, il bullo interpreta le esigenze di gruppo e cerca di realizzare desideri che i seguaci, da soli, non riuscirebbero neppure a immaginare. Dietro comportamenti sprezzanti ed esibizioni di potenza rivela però un conflitto interiore con parti di sé che, non riuscendo a integrare, proietta sulle vittime: i coetanei affetti da inestetismi, i gay, gli handicappati, gli immigrati o il primo della classe, il famoso “secchione”.
I testimoni diretti o indiretti delle sue bravate, benché consapevoli di essere complici di un atto immorale e talora penalmente perseguibile, evitano di denunciare o testimoniare perché si identificano con lui. In ogni caso, dobbiamo considerare le condotte trasgressive dei ragazzi come richieste di aiuto.
Da parte sua la vittima, anche se innocente si vergogna, si colpevolizza e, temendo di suscitare uno scandalo, preferisce mantenere il segreto. Ma accade che il bullo sia una bulla e che, attraverso l’esclusione e la maldicenza, diretta o virtuale, riduca la perseguitata alla disperazione.
Il bullismo femminile, più sottovalutato e meno frequente di quello maschile, rimane spesso segreto anche se, psicologicamente, può risultare più devastante. Per aiutare le vittime occorre saper cogliere i segnali di malessere, anche indiretti: se improvvisamente cala il rendimento scolastico, considerano un incubo che rischia di cronicizzarsi.
Il cattivo uso della comunicazione rivela spesso gravi carenze nelle relazioni fondamentali. Di conseguenza, richiamare i ragazzi fuori dalle pareti domestiche, favorire le amicizie, offrire forme di partecipazione e d’impegno, è il modo migliore per contrastare la dominazione delle tecnologie.
Resta comunque il sospetto che, se avessimo potuto individuare precocemente il male di vivere che li opprime e intervenire efficacemente, avremmo potuto evitare molte sofferenze. L’attenzione è il contributo migliore che possiamo offrire all’evoluzione dei ragazzi, aiutandoli a far buon uso della loro aggressività.


Articolo di Silvia Vigetti Finzi da “La Lettura” del Corriere della Sera del 25 settembre 2016